Questo volume si propone di illustrare l'esperienza greca dal II millennio fino al 500 a. C. circa. Suo oggetto è quindi il lungo periodo della formazione della civiltà greca, fino agli anni che precedono lo scontro di una parte degli Elleni della Grecia continentale con l'impero persiano.
L'organizzazione di questo volume, come più in generale di tutta l'opera, non vuole avere il carattere di una trattazione sistematica di dati, fatti ed eventi posti per cosi dire sullo stesso piano: capitoli su aspetti e problemi centrali, elementi di lungo periodo e componenti essenziali di una morfologia della vicenda storica e della cultura ellenica affiancano sempre le visioni di sintesi di periodi e di aree geografiche. Troviamo cosi, ad esempio, saggi sull'identità ellenica e sul quadro mediterraneo della storia greca, analisi della città arcaica e delle sue suddivisioni, del problema centrale - soprattutto per l'epoca qui considerata - del rapporto tra mito e storia (che si lega strettamente a quello del valore delle fonti letterarie), di temi economici e sociali come il ruolo della terra, l'origine della moneta ecc. Naturalmente la documentazione archeologica ha una parte notevolissima, e affianca in molti casi le fonti letterarie ed epigrafiche nella ricostruzione storica. Si è cercato di raggiungere un equilibrio tra un'impostazione unitaria - che ha il vantaggio di render conto di sviluppi e vicende comuni a gran parte del mondo ellenico e di molti aspetti culturali, oltre che di tanti rapporti reciproci e della coscienza che avevano i Greci di appartenere a un'entità comune - e invece un'organizzazione della materia per città e regioni; quest'ultima corrisponde meglio, com'è ovvio, all'antica organizzazione politica per unità distinte, con diverse cittadinanze (almeno in età storica), siano esse città-stato o stati regionali o etnici. Per questo si trovano sezioni di storia regionale, o comunque dedicate ad aree geografiche più o meno ampie, comprese le aree occupate mediante la fondazione di colonie o per cosi dire "marginali".
Quest'ultima definizione infatti vale da un punto di vista geografico che privilegi essenzialmente la penisola greca o l'Egeo (ed è già presente nell'ottica delle nostre fonti oltre che in molti studi moderni); ma dal punto di vista culturale o economico, per non parlare dei rapporti con altre popolazioni e altre civiltà, il significato di queste aree è tutt'altro che marginale. Si è cercato quindi di valorizzare una concezione policentrica dell'arcaismo, la molteplicità delle esperienze, accanto a temi e problemi comuni, andando per cosi dire "al di là di Atene e Sparta".
Un'altra caratteristica del volume, che continua un aspetto essenziale di quello precedente dedicato a Noi e i Greci, è quella di presentare accanto alle realtà e ai problemi del mondo greco arcaico anche la rappresentazione di vicende e personaggi divenuti in vario modo esemplari, già per i Greci stessi e poi nelle epoche successive (talora fino a periodi da noi non lontani).L'immagine del mondo greco, da quello mitistorico dell'età eroica e della guerra di Troia sino a figure storiche dell'arcaismo che rappresentarono anche un mito politico (come ad esempio Solone), deve molto a questa capacità di autorappresentarsi, di raccontare (e di autoanalizzarsi) sviluppata precocemente dai Greci. Nel volume se ne danno solo alcuni esempi, tra i più istruttivi. Oltre che un invito implicito a una considerazione critica delle fonti, essi costituiscono anche un monito verso l'atteggiamento diffuso, e in alcuni casi peraltro legittimo, di seguire l'ottica delle fonti greche, di vedere con gli occhi dei Greci stessi (come se anche questi non fossero diversi al loro interno, oltre che rispetto ai moderni, e non offrissero spesso visioni alternative e discordi del passato). La capacità dei Greci di ricostruire il passato con l'epica e con la storiografia (e più in generale di costruire l'immagine di sé e degli altri) suggerisce a chi rivisita oggi quel mondo lontano un duplice atteggiamento: da un lato la comprensione di quel modo antico di ricostruire e di ripensare la "storia antica" porta facilmente a posizioni estreme che vanno dall'accettazione quasi integrale della "tradizione" fino al suo rifiuto sistematico - un tempo con l'ipercritica e ora con il decostruzionismo -; dall'altro si è indotti a verificare ciò che gli antichi ci raccontano delle vicende del passato sia ricorrendo alle fonti non letterarie (quelle archeologiche ed epigrafiche greche e orientali, ad esempio) sia con tutte le tecniche e gli strumenti concettuali contemporanei, a ricostruirle in modo diverso e talora indipendente dai dati tradizionali, a vederle con i nostri occhi (ovvero con lenti deformanti quanto quelle degli antichi: si pensi ai limiti delle concezioni modernizzanti dell'economia greca).[...]