Dalla Presentazione dell’Editore:

Quando, nel 1972, appariva il primo volume (I caratteri originali) della nostra Storia d'Italia, veniva implicitamente delineato e proposto un modello storiografico, il cui principio fondamentale è l'articolazione del discorso su di una base ampiamente antropologica. Sono passati da allora esattamente dieci anni. La grande impresa della Storia d'Italia si è conclusa, ma gli Annali ne continuano l'ispirazione e saggiano su temi specifici ma molto ampi strumenti d'analisi sempre più raffinati dall'esperienza. Opere come l'Enciclopedia e la Storia dell'arte italiana hanno nel frattempo convalidato e arricchito quel modello, espandendone in più direzioni le tematiche. La Letteratura italiana viene ora a costituire un momento ulteriore nella logica di questo processo. Non possiamo essere accusati di orgoglio nazionalistico, rammentando che la «materia» che ne costituisce l'oggetto ha rappresentato per lunghi secoli l'asse portante della nostra cultura e uno dei segni caratteristici più notevoli per la costituzione dell'« identità nazionale italiana» nei confronti delle altre culture europee e mondiali. Il modo in cui questa materia verrà concretamente affrontata contribuirà pertanto alla ridefinizione di quest'identità sul piano storico.
Ma un'altra coincidenza ci ha colpiti. Nel 1781, quasi esattamente due secoli or sono, compariva l'ultimo tomo dell'imponente Storia della letteratura italiana (1772-81) di Gerolamo Tiraboschi, la prima storia della nostra letteratura che si ponesse un compito di tale natura con criteri di assoluta sistematicità e completezza. La nozione di «storia erudita», in cui. tale opera è più frequentemente compresa, non dà ragione sufficiente della complessità di ambizioni e di stimoli da cui il suo autore era mosso: si direbbe, piuttosto, che la sua base culturale, indubbiamente retorica, subisce implicitamente il fascino di quella grande mentalità enciclopedica, classificatrice e sistematrice, dalla quale l'Europa del tempo era tutta pervasa. Per quanto ci separi dal Tiraboschi il vero e proprio abisso scavato successivamente dalla fondamentale esperienza dello storicismo ottocentesco e novecentesco, non si può neanche oggi non rileggere con attenzione una dichiarazione programmatica come questa: «Ella è la Storia della Letteratura italiana, non la Storia de' Letterati italiani, ch'io prendo a scrivere... [e] cioè la Storia dell'Origine e de' Progressi delle Scienze tutte in Italia. Perciò io verrò svolgendo quali prima delle altre, per qual modo cominciassero a fiorire, come si andassero propagando, e giugnessero a maggior perfezione, quali incontrassero o liete o sinistre vicende, chi fosser coloro, che in esse salissero a maggior fama. Di quelli, che col loro sapere e coll'opere loro si renderon più illustri parlerò più ampiamente; più brevemente di quelli che non furono per ugual modo famosi, e di altri ancora mi basterà accennare i nomi, e rimettere il lettore a quelli, che ne hanno più lungamente trattato. Della vita de' più rinomati scrittori accennerò in breve le cose, che son più note; e cercherò d'illustrare con maggior diligenza quelle, che son rimaste incerte ed oscure; e singolarmente, ciò che appartiene alloro carattere, alloro sapere e alloro stile. La Storia ancora de' mezzi, che giovano a coltivare le Scienze, non sarà trascurata; e quindi la Storia delle Pubbliche Scuole, delle Biblioteche, delle Accademie, della Stampa, e di altri simiglianti materie avrà qui luogo. Le Arti finalmente, che diconsi Liberali, col qual nome s'intendono singolarmente la Pittura, la Scultura, l'Architettura, hanno una troppo necessaria connessione colle scienze, perché non debbano essere dimenticate; benché nel ragionare di esse sarò più breve, poiché non appartengono direttamente al mio argomento».
Naturalmente, noi non possiamo raccogliere la tiraboschiana nozione di letteratura come insieme di tutta la produzione di pensiero sviluppatasi «in quel tratto di paese, che or dicesi Italia» dal substrato etrusco e greco fino ai nostri giorni; né ci sembra condivisibile minimamente l'ispirazione nazionalistica, che la sottende «il desiderio di accrescere nuova lode all'Italia». Non possiamo, però, non rimanere colpiti dalla precisione con cui l'erudito settecentesco sapeva distinguere la storia della letteratura da quella dei letterati; come dalla facile constatazione che molti punti del suo programma non hanno trovato applicazione alcuna nei due lunghi secoli che ci separano dalla sua formulazione.
Questa nostra Letteratura italiana si ripropone esattamente come una storia della letteratura italiana, che tenga conto, rispetto al modello tiraboschiano, dell'immenso accumulo di posizioni critiche, dati conoscitivi, affinamento delle tecniche interpretative, che contraddistingue la critica letteraria nel lungo percorso dall'enciclopedismo erudito alla moderna analisi testuale, passando, per quanto ci riguarda più direttamente in quanto Italiani, attraverso la lezione dello storicismo desanctisiano e crociano. Una «storia dei letterati» - per riprendere l'acuta distinzione tiraboschiana - vi sarà dunque ricompresa; ma solo in quanto elemento illustrativo e documentario di quel più naturale e profondo oggetto del nostro interesse, che pure per noi è la «letteratura italiana », nell'infinita varietà delle sue forme, tecniche, scelte espressive ed istituzionali.
Dal punto di vista della struttura compositiva, questa Letteratura italiana non è né vuole essere il prodotto di un'unica e prefissata posizione ideologica, bensì di una programmatica volontà di confronto. Non possiamo osare di sostenere che quanto di meglio oggi si esprime nel campo degli studi di storia e critica letteraria italiana vi sia rappresentato. La nostra ambizione, però, era senza dubbio che non mancasse nessuna di quelle posizioni che illustrano attualmente, nella maniera più significativa ed efficace, il lavoro della «italianistica» italiana e straniera.
Quest'opera, dunque, cerca essenzialmente di far ruotare la diversità e la mobilità dei metodi e degli approcci critici intorno al dato certo rappresentato dal rispetto del testo e delle situazioni storiche descritte. Al tempo stesso, essa si sforza di convogliare l'accumulo dei dati esterni verso un arricchimento dei criteri interni di lettura del fenomeno letterario.
La delineazione del disegno generale è stata pensata in modo da favorire la ricomposizione unitaria dei diversi punti di vista: le idee presenti sono dunque molte; non è azzardato sperare, tuttavia, che i diversi apporti non dovrebbero risultare alla fine contraddittori fra loro, bensì complementari, riguardo sia alle competenze scientifiche sia ai diversi metodi.
Se, riepilogando, elenchiamo l'uno accanto all'altro tutti i criteri e tutte le procedure finora richiamati, avremo, alla lettera, «struttura» e «indice» di questa Letteratura italiana. L'opera si compone di nove volumi.
Nel primo viene analizzato il rapporto tra la produzione letteraria e le strutture del potere politico e culturale. Questa ouverture è già di per sé un omaggio a certe caratteristiche particolari della nostra tradizione letter,aria. L'Italia è il paese che ha prodotto Machiavelli e Gioberti, Guicciardini e De Sanctis: 1.1 politica come scienza e la produzione letteraria come impegno civile del letterato. Queste due cose sono fra loro - probabilmente - incomunicabili: non a caso, appartengono a due mondi culturali diversi, separati financo nello spazio e nel tempo. È fuor di dubbio, però, che i letterati italiani abbiano sempre sentito con estremo interesse e con passione il loro rapporto con il potere: al punto che questo rapporto, anziché restare esterno, ha finito per produrre 1Jlodelli concettuali, forme della produzione letteraria, una mentalità e comportamenti esistenziali conseguenti. L'escursione storica di questo discorso è amplissima: va dalla reggia di Teodorico, re dei Goti, al palazzo democratico-repubblicano dei nostri giorni, dalla sapienza tardo-antica dei Boe;do e dei Cassiodoro alla passionale protesta contro i potenti di Pier Paolo Pasolini. Il potere, però, non è soltanto quello dei politici: è anche quello degli stessi letterati. Ecco allora entrare in scena quelle forme istituzionali, in cui il potere dei letterati e degli intellettuali si è collocato ed espresso, filtrando e géstendo a loro volta la produzione di letteratura: .le scuole e le università, gli ordini religiosi, i cenacoli umanistici, le accademie, le riviste, i sindacati degli intellettuali, ecc. Nella trattazione di questa complessa materia, il lavoro dei critici letterari si è intrecciato strettamente, più che in ogni altro volume, con quello degli storici di professione. […]
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